Il design sostenibile di Keep Life: dallo scarto al riuso dei gusci della frutta secca

2022-07-09 22:24:56 By : Mr. Kaibo Yang

Ecologico e innovativo, Keep Life è un materiale resistente e simile al legno. Nato dall’idea del designer Pietro Petrillo, è realizzato a partire dai gusci di nocciole, noci, arachidi, mandorle, pistacchi e castagne: non semplici scarti, ma la materia prima di un progetto in cui design, ricerca formale ed estetica incontrano l’impegno a compiere scelte di produzione e consumo più sostenibili.

Caserta , Campania - È proprio vero che le idee migliori nascono da semplici intuizioni. Possono arrivare nei momenti più impensabili, persino seduti intorno a un tavolo al culmine di un’interminabile cena natalizia, quando non si tiene più il conto del numero delle portate, ma non ci si può ancora arrendere alla sazietà. Sotto le feste, a chiudere le danze sulla maggior parte delle tavole nel sud d’Italia, c’è sempre un cesto di frutta secca. Sgusciarla, schiacciarla, rosicchiarla è un rituale di convivialità, oltre che un passatempo. I gusci, vuoti e inermi, restano per ore abbandonati sulla tavola, tra mazzi di carte e numeri estratti per la tombola.

Così è stato per Pietro, un Natale di qualche anno fa: «Guardavo la tavola e il manto di gusci – mi racconta – ognuno con una forma, un colore e una consistenza diversi. “Ma con questi posso farci qualcosa!”, mi sono detto. E da lì ho iniziato a sperimentare». Giovane designer – ma soprattutto un curioso, come si autodefinisce – Pietro Petrillo dopo quella intuizione ha lavorato per tre anni prima di ottenere nel 2017 il brevetto per invenzione industriale di Keep Life, un materiale ecosostenibile ottenuto dalla lavorazione dei gusci della frutta secca. Dal 2018, come art director del progetto insieme a lui, c’è la designer Ilaria Spagnuolo.

Keep Life, mi spiega Pietro, è un «materiale composito, di natura lignea, plasmabile e auto indurente». Il processo di lavorazione segue fasi ben precise. Dopo una prima stagionatura dei gusci della frutta secca, questi vengono selezionati e setacciati. Ogni tipologia guscio infatti si differenzia per consistenza e colore. «Ad esempio i gusci delle arachidi, per le loro peculiarità granulometriche, vengono utilizzati soprattutto per colmare i vuoti», precisa Pietro.

Una volta selezionati i gusci, questi vengono impastati a mano, usando un legante privo di sostanze tossiche, solventi e formaldeide. A questa fase segue l’essiccatura, che dura tra i venti e i trenta giorni. Trattandosi di un materiale autoindurente, dopo essere stato impastato viene versato in degli stampi progettati e realizzati con filamenti naturali, tramite stampanti 3D.

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Più o meno poroso a seconda del tipo di levigatura, Keep Life non è un semplice materiale, ma un’esperienza materica da annusare, guardare e toccare. Oltre alle naturali sfumature brune dei gusci, Keep Life è anche in quattro nuove cromie ottenute dall’argilla, in omaggio alla Campania, la loro terra. Si va dal Nero Vesuvio fino al Rosso Pompeiano, passando per il Giallo Tufo e il Bianco Fiano.

Il cuore del progetto è racchiuso nel suo stesso nome: keep life, ovvero tenere in vita un materiale comunemente utilizzato come biocombustibile o considerato alla stregua di uno scarto. Keep Life si sottrae alla logica del riciclo: il principio di continuità è sotteso a tutto il processo che va dalla materia prima all’oggetto finito. I gusci, composti di lignina esattamente come la corteccia degli alberi, sono un prolungamento ideale e materico dell’albero stesso.

Dall’approvvigionamento della materia prima sino alla sua lavorazione, Keep Life si impegna a costruire una filiera sostenibile: «Per un discorso di prossimità, la maggior parte dei nostri gusci proviene dalla Campania, la Puglia, la Sicilia e la Calabria. Spesso pub e ristoranti raccolgono per noi gusci e scarti, che non sono tutti uguali. Ciascuno, in base alla provenienza, racconta un pezzo di territorio», chiarisce Pietro. «Ad esempio un’azienda agricola sarda ci fornisce i gusci di una mandorla autoctona che cresce solo lì». E così la materia prima arriva a plasmare l’identità dell’oggetto finale.

Keep Life può essere lavorato con i comuni attrezzi da falegnameria, ma anche grazie all’impiego della tecnologia CNC. Il dialogo costante tra tradizione e innovazione è una delle essenze del progetto. «Dalla collaborazione con la Real Fabbrica di Capodimonte, storico esempio dell’eccellenza campana – mi racconta Pietro – è nato il disegno di una coppia di vasi, un tributo alla tecnica tradizionale del cucipiatti, diffusasi nell’Italia meridionale del secondo dopoguerra».

Nel 2019 Pietro e Ilaria lanciano una call aperta ad altri designers con esperienze e background diversi, chiamati a sperimentare forme e usi di Keep Life. Pochi e semplici parametri progettuali: un blocco materico di dimensioni prestabilite e libertà assoluta di realizzare qualunque tipo di oggetto. «In linea con la nostra vision, volevamo che i partecipanti progettassero qualcosa per sottrazione. Da questa sfida sono venuti fuori svariati oggetti: un piantatoio, uno specchio, una maniglia e molti altri ancora. Ma soprattutto sono nate preziose collaborazioni con altri designers e progettisti».

Ad oggi Keep Life, con all’attivo ventidue collezioni, vanta una fitta rete sul territorio e all’estero. Diverse le collaborazioni con altri studi di design e progettazione, aziende agricole, piccoli produttori, università e centri di ricerca italiani e stranieri. «Come designers – afferma Pietro – credo che tutti noi abbiamo delle responsabilità: è fondamentale indirizzare la produzione industriale, influenzando di conseguenza le scelte dei consumatori. Il rischio della sovrapproduzione è sempre dietro l’angolo: non bisogna mai abbassare la guardia».

Ottenere la fiducia di artigiani e fornitori richiede tempo e fatica. Pietro ricorda ancora la prima volta che ha portato in falegnameria il suo Keep Life: «C’era una cerchia di artigiani scettici e titubanti. Nessuno avrebbe mai scommesso che un materiale così granuloso si potesse lavorare come il legno. Ma tutti, poco dopo, hanno dovuto ricredersi», mi racconta con una vena di soddisfazione.

Chiedo a Pietro se ha ancora un sogno da realizzare. Tanti, ovviamente (la sua risposta non fa una piega, ndr). In particolare vorrebbe creare uno spazio di co-working da dedicare a tutte le fasi di lavorazione di Keep Life, proprio in Campania, per dare un’opportunità a un territorio non sempre valorizzato quanto merita.

«Mi piacerebbe soprattutto che questo materiale entrasse nelle case di tutti – conclude Pietro – magari realizzando delle piccole produzioni in serie per essere sempre più competitivi sul mercato». Arte e design non dovrebbero essere un binomio inconciliabile. D’altronde come meglio definire un designer se non un “artista utile alla società”? Le parole di Gropius, pronunciate ormai un secolo fa, risuonano attuali come allora, quando il design era ancora un universo tutto da esplorare.

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